Identificazione proiettiva in una comunità per adolescenti

magritteMeccanismi d'identificazione proiettiva in una comunità per adolescenti
Riflessioni rispetto ad una riunione dell'equipe
di Eletta Folonari (2017)

Come vice del coordinatore di una comunità per adolescenti gestisco la riunione d'equipe il lunedi mattina.
Durante uno dei nostri incontri gli operatori mi hanno fatto disperare: è stato molto difficile per me gestire la riunione, ho trovato l'equipe molto indisciplinata, disobbediente ai miei richiami e capricciosa. Tutti volevano parlare e dire la loro sugli ultimi accadimenti in struttura e sul difficile comportamento dei ragazzi nel corso degli ultimi giorni.
"Che confunsione!" pensavo; dal momento che era presente una nuova tirocinante mi chiedevo cosa avrebbe pensato di noi e della nostra comunità, non ci presentavamo di certo in modo professionale.
Sembrava che ognuno volesse essere ascoltato e non riuscivo ad andare avanti nel trattare gli argomenti d'ordine del giorno.
Nonostante le difficoltà di rodare come equipe nuova di una comunitá aperta da poco tempo, nei mesi non era mai stato così faticoso portare avanti la riunione: quel giorno fantasticavo mi servisse il martelletto del giudice per rimettere in riga gli operatori e farmi rispettare.

Cosa era successo?
Ci ho pensato molto durante la settimana successiva preoccupata come ero di non essere capace di gestire gli educatori, di aver dato loro poche attenzioni ma anche di averli viziati tempo prima,  di aver chiesto troppe sostituzioni per via della mia gravidanza, di non aver fatto sufficienti colloqui con il personale avendo troppo altro per la testa.
Ecco, mi sono sentita piena di sensi di colpa per aver trascurato gli operatori, ma anche celatamente innervosita contro di loro che mi parevano comportarsi come "piccoli adolescenti".

Ne ho parlato con il coordinatore che mi ha confermato le mie sensazioni e cosi ci siamo detti che qualcosa non andava.

Cosa stava succedendo?
Insieme abbiamo riflettuto sul fatto che per via di diversi eventi concomitanti ed urgenti ci è mancato il tempo di fare molte cose e che ultimamente abbiamo dovuto chiedere molto al personale.
Con il coordinatore ci chiedevamo tuttavia anche se ci fosse anche un  qualcosa di più che ci sfuggiva , perché quella che era diventata "una nostra preoccupazione" ci risultava in un certo senso eccessiva e gli accadimenti  non sufficienti a causare un tale scompiglio all'interno di  un'equipe che per altro ci pareva essere sempre funzionata piuttosto bene.
Ci pareva  essere in atto una sorta di "regressione".
È cosi che riflettendo mi è tornato in mente il vecchio meccanismo dell'identificazione proiettiva descritto per la prima volta dalla psicoanalista inglese M. Klein nel 1946 in "Note su alcuni meccanismi schizoidi".

L'identificazione proiettiva è un meccanismo di difesa arcaico attraverso cui un contenuto psichico che non può accedere alla coscienza viene scisso e proiettato sull'oggetto esterno che diventa quindi un' estensione del sé. Attraverso questo meccanismo il contenuto diventa meno angosciante perché viene allontanato dalla propria persona e l'illusione del soggetto è quella di poterlo controllare meglio.

In questo senso mi è parso che l'equipe fosse diventata un'estensione del gruppo dei ragazzi adolescenti.
Forse per questo risultava tanto regredita?

Riflettendo, cosa era successo in comunità nell'ultimo periodo? E di cosa si lamentavano gli operatori rispetto agli ultimi giorni con i ragazzi?
Molti sono stati i cambiamenti nella routine delle giornate: personalmente ho duvuto ridurre le ore lavorative a causa della mia gravidanza inoltrata;  nel mentre sono stati inseriti due nuovi ragazzi: casi difficili, che hanno occupato molto le nostre teste, come due gravidanze nuove!
Ne è risultato un maggior carico di lavoro per gli operatori e si è pensato per non appesantirli troppo di reclutare d'urgenza una tirocinante nuova.

Gli operatori avevano lamentato un clima d'agitazione in comunità durante gli ultimi giorni: i ragazzi erano più indisciplinati e disobbedienti, non ubbidivano all'ora di andare a letto, ognuno chiedeva qualcosa, un bicchiere d'acqua in cucina, il cavo del cellulare in ufficio; facevano richieste anche poco consone come se fossero tutti desiderosi di attenzioni.
Per la prima volta da quando è aperta la comunità sono iniziati i problemi durante la notte: qualcuno ha svegliato un operatore di notte con una scusa futile forse per ricavarsi un momento tutto suo con lui.

Chissá che a seguito delle ultime novitá e dei cambiamenti il gruppo dei ragazzi non si sia sentito sbalestrato e trascurato?
Proprio come appariva a me l'equipe durante l'ultima riunione?

Ma perché è utile riconoscere l' identificazione proiettiva?
È un meccanismo di difesa difficile da riconoscere perché si insinua, invade l' oggetto di sentimenti non suoi, creando confusione e difficoltà a pensare.
È importante riconoscerlo dal momento che è un meccanismo schizoparanoide e l'equipe di una comunità deve invece lavorare per l"integrazione dei contenuti psichici e affettivi: aiutare i ragazzi a mettere insieme i pezzi, a riconoscere gli affetti, a dargli un nome, riprenderli dentro di sé ed accettarli.

Qual'è il sentimento scisso e proiettato dai ragazzi?

E' il loro sentirsi sbalestrati dai nuovi venuti e dagli ultimi accadimenti: si sentono trascurati da noi adulti e temono di perdere le nostre attenzioni e il nostro affetto.
Questo sentimento è inammissibile alle loro coscienze, perché se lo riconoscessero vorrebbe dire che si sono affezionati molto agli operatori e che hanno iniziato a "dipendere" da loro.
Per un adolescente un sentimento del genere è troppo!

Così questo sentire viene rilegato nell'inconscio ed espulso  fuori di sé; ciò che rimane è solo un senso di agitazione  inspiegabile e senza nome e i ragazzi diventano indisciplinati e capricciosi senza capire cosa stia succedendo.
Il contenuto affettivo inconscio è evacuato nell'equipe (oggetto) e così gli operatori ne sono invasi,  e "portando addosso la loro improntaanche loro si sentono ugualmente trascurati, desiderosi di attenzioni e fanno i capricci durante la riunione.
Il rischio di non riconoscere questo meccanismo è di avere un gruppo di ragazzi non pensanti e anche un' equipe non pensante che facilmente finisce con il controreagire di fronte alle mille richieste dei minori affidati.
Come può un'equipe indisciplinata fungere da guida a ragazzi indisciplinati?

Come adulti professionisti responsabili di minori abbiamo il compito di metterci a  pensare, discernere tra i nostri stati psicofisici e cercare di capire usufruendo degli strumenti in più che abbiamo.

Solo il poter riconoscere di "essere stati improntati" (M. Bertolini, 2008) permette in questo caso all'equipe della comunità di non colludere e diventare davvero "come il gruppo dei ragazzi".
Riconoscendo in noi il loro sentirsi trascurati ed arrabbiati, possiamo aiutare loro a pensare, riconoscere questo sentimento e riappropriarsene, a sopportarlo come qualcosa di accettabile, una difficoltà comprensibile a cui può andare incontro chiunque, anche un adolescente per altri aspetti autonomo.

Così può accadere che mentre un ragazzo fa i capricci per andare a dormire e chiede di andare in cucina fuori orario a prendere un bicchiere d'acqua, l'operatore rimanga fermo nel suo ruolo e nel riportarlo a letto: lo prende sotto braccio e accompagnandolo gli dice "lo sai che la cucina a quest'ora è chiusa, ma  vorresti facessi un eccezione speciale per te! Eh lo so, non è facile questo periodo con tanti ragazzi in comunità, ci si sente un numero e basta... ".

Penso che questo è ciò di cui hanno bisogno i nostri adolescenti in questo momento della loro vita in comunità.

Ringrazio tutta l'equipe per avermi fatto disperare e riflettere su questo argomento tanto complesso, quanto prezioso, per chi come noi desidera occuparsi dei giovani con occhio clinico.

BIBLIOGRAFIA:

  • Bertolini M. (2008), "Psicoterapia e psichiatria: l'urgenza psichiatrica in età evolutiva. Intervento presentato al convegno dell'Associazione Psiche - Bari.
  • Klein M, (1946), Note su alcuni meccanismi schizoidi. Tr. it. in scritti 1921-1958, Boringhieri, Torino,1978.

Eletta Folonari è psicologa specializzata in psicoterapia psicoanalitica dell'infanzia e dell'adolescenza presso la Clinica NPI dell'Ospedale S. Gerardo di Monza (A.S.N.E.A.: Associazione Sviluppo Scienze Neuropsichiatriche dell’Età Evolutiva e dell’Adolescenza); esercita la professione presso la Cooperativa Gli Argini dopo aver per anni maturato esperienza in rinomati servizi di neuropsichiatria infantile della lombardia e del veneto ed aver collaborato con strutture che si occupano di minori con disagio psichico. E' responsabile clinica della comunità per adolescenti Le Tinaie.